più naturale, cioè vivere in comunione con noi stessi e con gli altri, era diventato un pericolo.
Abbiamo bisogno di confrontarci, di condividere, di piangere, di ridere insieme agli altri, perché solo in questo modo possiamo fare l’esperienza più bella della nostra vita: essere noi stessi, sentirci liberi, ritrovare la nostra identità personale e sociale.
Scopriamo che solo attraverso i rapporti possiamo conoscerci e fare chiarezza dentro di noi, ma soprattutto scopriamo che abbiamo bisogno degli altri per sentirci accolti e amati nelle nostre ferite che ci hanno portato all’isolamento, per realizzarci come persone ed imparare anche noi ad accogliere ed amare.
Un uomo che rifiuta di rapportarsi con gli altri è un uomo sterile, è come un corso d’acqua senza sbocco: è destinato a divenire “acqua stagna”.
Impariamo a prendere coscienza di come ci rapportiamo!
Spesso,incapaci di colmare quell’enorme vuoto affettivo che ci portiamo dietro, aspettiamo che siano gli altri ad occuparsene e per paura che non lo facciano ci mostriamo servizievoli, ci svendiamo, facciamo di tutto per essere come l’altro vorrebbe che fossimo.
A volte, attraverso emozioni che viviamo nel presente, proiettiamo la nostra collera e il nostro dolore passato verso persone, con reazioni sproporzionate verso l’avvenimento presente.
Vi sono diverse forme di rapportarsi all’altro si possono stabilire rapporti
tra le persone
o con le persone.
Quando viviamo tra le persone continuiamo a sperimentare l’isolamento, rimaniamo in superficie, non ci apriamo in profondità, proviamo sentimenti poco edificanti, quali la diffidenza e la competizione; restiamo, dunque, “sulla difensiva”.
Viviamo l’altro come un limite al nostro bisogno di espansione, lo viviamo come un pericolo costante, diventiamo selettivi, pensiamo che solo un numero limitato di persone possano capirci, aiutarci e accoglierci; non ci rendiamo conto, invece, che è solo la nostra paura di venire confrontati o che qualcuno ci metta davanti quello da cui siamo fuggiti per una vita, perché ci spaventava; ricerchiamo soltanto persone che, più che stimolarci, ci compiacciono facendoci illudere che stiamo facendo qualcosa, per noi, di costruttivo.
Sfruttiamo questi rapporti fintanto che abbiamo un tornaconto, usiamo le persone per i nostri scopi ma alle prime difficoltà ci chiudiamo.
E’ a questo punto che, se iniziamo a dimostrare fiducia, pian piano diventeremo, prima di tutto, sinceri ed onesti, scoprendo così un altro modo di rapportarci agli altri.
Vivendo insieme impariamo a conoscerci e a riconoscerci, a decifrare i nostri lati nascosti, abbattiamo le barriere che ci siamo creati per difenderci e questo perché qualcuno si interessa a noi e ci fa sperimentare l’amore gratuito; ci accorgiamo che, fino a quel momento, eravamo ripiegati su noi stessi, scopriamo l’altro davanti a noi con il suo passato, le sue ferite e il suo diritto di essere amato e rispettato.
Ci apriamo, comunichiamo ad un livello più profondo, sperimentiamo la reciprocità, scopriamo che l’altro non ci limita anzi è proprio attraverso lui che ci conosciamo e ci arricchiamo ogni giorno di più, ascoltandolo e amandolo.
Quindi, tornando alla domanda iniziale, potremmo rispondere :
essere noi stessi nella gioia dell’insieme!